Protagonista della vita intellettuale del secondo Novecento, impegnato su più fronti come traduttore, recensore, corsivista, consulente editoriale, ma per alcuni anni anche professore di una disciplina che però non riteneva insegnabile, la Letteratura, Giorgio Manganelli si rivela sin dal suo testo d’esordio (Hilarotragoedia, 1964) uno scrittore unico per l’originalità con cui rivisita i generi letterari, per la sorvegliata intensità espressiva delle sue pagine e per la forza della riflessione che accompagna costantemente la pratica della scrittura. Prendendo le mosse da alcuni nodi della biografia, il volume ripercorre i diversi capitoli della sua produzione: i momenti teorici dedicati al gesto sacro e menzognero dello scrivere (e del leggere); la sperimentazione e le provocazioni delle pagine creative; lo sguardo sul reale dei corsivi e dei racconti di viaggio. Ne emerge il ritratto di un autore che, nutrito dell’«amara sapienza dell’ombra», ha saputo trasformare la fatica dell’esistere nel gesto rituale da offrire al dio ridicolo e sconcio della Letteratura, e con lui ridere di sé e del mondo.