«Ogni erbaccia si eleva nella sua integrità / col suo modo altro di essere, non chiede pietà / col suo modo altro di essere noi / dimenticati di noi».
Piante che nascono nel posto sbagliato o erbe vagabonde? Comunque le si voglia definire le erbacce fanno parte del nostro paesaggio quotidiano. Ci parlano, ci interrogano, raccontano di noi molto di più di quello che crediamo. Possiamo provare a sottovalutarle, a ignorarle, a tentare di sradicarle, eppure loro sapranno sopravvivere, prendendo posto in prima fila nella nostra vita, diventando metafora di noi stessi.
Con curiosità, un sorriso indulgente e qualche robusto innesto di ironia questo libro osserva le malerbe da un punto di vista inconsueto. Vi compare un’umanità varia fatta di giardinieri frustrati, contadini-monaci, matti che profetizzano, papi poeti e psichiatri disadattati. Tutti testimoni, in fondo, di come le erbacce – quella sconsiderata bizzarria della natura – abbiano una loro ragione di essere, una loro dignità, e di come, quasi sempre, l’infestante da debellare, il vero nemico, non sia fuori ma dentro di noi.